John Weaver e la sua danza emozionale
John Weaver (1673-1760) fu un danzatore, storico, maestro, teorico della storia della danza inglese e non solo, è anche colui che pubblicò il primo e vero trattato della danza creato in Inghilterra, nel 1712 col nome di “Saggio su una storia della danza”.
Ritiratosi dalle scene teatrali, tornò infine a vivere a Shrewsbury dove si dedicò completamente e definitivamente all’insegnamento del ballo e della sua relativa storia.
Il trattato di Weaver offriva per la prima volta nel Mondo Occidentale, una raccolta importante di articoli aventi come principale traccia per l’appunto, la storia della danza.
La danza fino ad allora fu esclusivamente utilizzata come mezzo propagandistico all’interno dei regni, nel suo scritto “Essay Towards an History of Dancing”, John Weaver oltre a favorire al pubblico una storia completa del ballo, dichiara apertamente inoltre come nei secoli antecedenti e nell’antichità remota, la danza fosse molto più grandiosa dal punto di vista della sua profondità del senso, elevata in maniera espressiva rispetto a quella del tempo.
D’altro canto sempre Weaver, era certo che a tutto questo si poteva porre dopotutto rimedio, giungendo infine ad un tipo di espressione comunicativa dettata da una rappresentazione che volesse trasmettere, più di ogni altra cosa, un messaggio al pubblico osservatore e non solo spettacolarizzazione estrema dei movimenti del balletto.
Il contenuto attraverso il movimento, dunque, era per il teorico John Weaver molto importante, tanto da fare in modo di far ritrovare, traccia delle sue idee anche all’interno di altri libretti e linee guida descrittive del balletto.
Le sue innovazioni e ideali vengono entrambi ritrovati all’interno di opere da lui stesso definite come intrattenimento legato al dramma nella danza, molto parallelizzato alle antiche pantomime greche e Romane, come ne “gli amori di Marte e Venere” del 1717.
Proprio in questa grande rappresentazione tenutasi per la prima volta a Londra, Weaver cercò di inserire all’interno della stessa un tipo di stile costruttivo fisico del dramma e di descrivere il carattere dei personaggi principali, in maniera davvero profonda.
Il tutto attraverso plasticità dei movimenti danzati, delle gestualità e delle pose che componevano la scena d’azione sul palcoscenico, evitando appositamente, al contrario dei vecchi stili rappresentativi, testi cantati o sotto forma di recitazione.
Dunque è la fisicità espressiva la vera protagonista di queste opere, che traggono solo un flebile spunto da quella già vista ed utilizzata in passato, come alcune forme convenzionali: il distogliere dello sguardo per esprimere rancore o del viso intero per esprimere odio, l’utilizzo degli arti superiori e così via.
Lo stesso Weaver designò una parte per se stesso all’interno dello spettacolo di Venere (il fabbro Vulcano), riuscendo a far trasparire con gesti e movimenti di danza appropriati un mix di emozioni tra gelosia e tristezza, giunte infine a una conseguente vendetta del personaggio, il tutto senza emettere nemmeno una parola di recitazione, ma utilizzando solo pantomima ed elementi di ballo, chiaramente per tutti i partecipanti.
Questi ultimi furono scelti da Weaver in maniera impeccabile, ma lo spettacolo divenne così serio e popolare da dare la sveglia ad un altro grande visionario: John Rich.
Egli era il direttore del teatro di Lincoln’s Inns Fields, divenne uno dei principali rivali d’arte di Weaver, in particolare per il fatto che cercò di parodiare l’opera di successo del maestro, ritornando però a farlo con uno stile anche recitativo e dialogato, con battute e blocchi di scene arlecchinate tra le scene di un’opera seria.
Una trovata che riscosse grande successo tra il pubblico dell’epoca.